Gli scienziati hanno scoperto un segnale che annuncerebbe l’Alzheimer. È una speranza per sconfiggere questa brutta malattia.
L’Alzheimer è un’ombra che abbraccia circa 5,8 milioni di vite con la sua presenza sinistra. Questa malattia debilitante, molto più forte e incisiva della forma più comune di demenza, invade la memoria e il pensiero, consumando le parti vitali del cervello. La patologia, che è ancora quasi totalmente avvolto nel mistero, si pensa sia causata da un accumulo anormale di proteine nelle cellule cerebrali. Ma il suo scatenante rimane un enigma. Nonostante non esista ancora una cura definitiva, ci sono farmaci che possono alleviare i sintomi e rallentare la progressione della malattia, specialmente se diagnosticata precocemente.
Recenti studi, come quello condotto dall’Università della California, San Francisco (UCSF), e pubblicato su The Lancet: Neurology, hanno rivelato un segno precoce dell’Alzheimer: si tratta di uno specifico problema alla vista che può presentarsi fino a 1 caso su 10.
Questo sintomo, noto come atrofia corticale posteriore (PCA), può influenzare la percezione delle distanze, la capacità di distinguere tra oggetti in movimento e fermi, e può rendere difficili azioni quotidiane come scrivere o raccogliere oggetti, anche se i test oftalmologici risultano normali.
La scoperta che può prevenire L’Alzheimer
Con questa scoperta, si può affrontare l’Alzheimer con maggior consapevolezza, puntando ad un futuro in cui la ricerca possa portare a soluzioni più efficaci, riducendo così l’impatto devastante di tale malattia. Una patologia che, come sappiamo, è dolorosa sia per il paziente stesso, che ne è la vittima diretta, ma soprattutto per i familiari che sono costretti a vedere il proprio caro in una condizione che lo porta a non riconoscere più chi gli sta vicino, come gli stessi figli.
Si dice che l’Alzheimer è un viaggio a ritroso, che conduce la persona colpita ai primi anni di vita, se non proprio alla nascita, quando dipende tutto e per tutto dagli altri, non riconoscendo più i volti familiari di un’intera vita. Uno studio condotto su 1.000 pazienti provenienti da 16 paesi, affetti da atrofia corticale posteriore (PCA), ha rivelato un collegamento sorprendente: il 94% di essi presentava anche biomarcatori della malattia di Alzheimer.
La scoperta solleva un segnale d’allarme cruciale sull’importanza di aumentare la consapevolezza riguardo a questa condizione tra medici e pazienti. Attualmente, la maggior parte delle persone si rivolge al proprio optometrista quando inizia a manifestare sintomi visivi, ma spesso la PCA sfugge alla loro osservazione. È essenziale che i medici siano istruiti su come individuarla, in modo che possano indirizzare tempestivamente i pazienti a specialisti capaci di trattare tale condizione.
Per far fronte a questa sfida, è necessario dotare il settore clinico di strumenti più efficaci per identificare precocemente la PCA e avviare i pazienti al trattamento adeguato. Solo con una maggiore consapevolezza e una diagnosi precoce possiamo sperare di migliorare la gestione e la qualità della vita di coloro che affrontano tale complessa condizione neurodegenerativa.