Una pratica giapponese risalente a 400 anni fa potrebbe darci la chiave per una svolta nella nostra vita: ecco come.
Trarre il meglio da una brutta situazione è una grande abilità, ma a volte può rivelarsi complicato metterla in pratica. Un aiuto fondamentale, in questo senso, può giungere da una tecnica giapponese vecchia di quattro secoli: una vera e propria tattica di resilienza che permette di sfruttare a proprio vantaggio ogni cosa che va storta.
Nota come kintsugi, questa tecnica prende spunto dall’arte di riparare le ceramiche rotte: le crepe vengono riempite con oro liquido per esaltare i difetti, anziché nasconderli. Ebbene, a quanto pare possiamo applicare i suoi principi anche a noi stessi e agli altri.
Bonnie Kemske, autrice di Kintsugi: The Poetic Mend, dice che molti di noi “sentono un travolgente senso di competizione per essere i migliori, per essere perfetti in tutto ciò che facciamo e per aspettarci lo stesso dagli altri”. Mentre “il kintsugi ci mostra un modo per riconoscere le imperfezioni negli oggetti e in noi stessi e valorizzarle”. Basta seguire alcune regole ben precise.
I segreti del kintsugi e come applicarli nella nostra vita
L’idea di fondo è che la riparazione sia qualcosa di cui possiamo e dobbiamo essere orgogliosi, non da nascondere. Ma dobbiamo sanare il danno con una cura così amorevole da far diventare quel che si era rotto ancora più bello, più interessante e più prezioso. Come si fa, nel concreto? Di seguito le “istruzioni per l’uso”.
- Riparazione. Ripariamo tutto ciò che possiamo in noi stessi, nelle nostre relazioni e nelle nostre comunità attraverso l’accettazione, il perdono e la correzione attiva. Le cose non saranno mai “come nuove”: puntiamo a versioni inedite, migliori e più forti.
- Accettare di avercela fatta. Apprezziamo che c’è bellezza nel sopravvivere alle dure esperienze della vita, anche senza il bisogno di capire tutto.
- Apprezzare ciò che si ha. Coltiviamo una mentalità riconoscente per smettere di lottare per il meglio, il nuovo o il diverso.
- Vivere il momento. Assaporiamo ogni attimo piacevole, anche attraverso la condivisione di ricordi e storie con altre persone. Questo aggiunge valore ai bei momenti, ma ci impone di rallentare, riflettere e socializzare.
- Sapere che non tutto può essere risolto. Accettiamo che tutte le nostre vite includono imperfezioni, difficoltà e dolore. Non c’è modo di evitarlo, né dovremmo volerlo.
Morale: il kintsugi significa essere felici di ciò che abbiamo, imperfezioni comprese. Bisogna considerare quali aspetti della nostra vita sono già abbastanza buoni e concentrarsi sul mantenimento di standard adeguati. Ardua impresa, ma non è mai troppo tardi per provarci…